mercoledì 26 agosto 2009

Marketing culturale

Oggi vorrei aprire una parentesi su quello che viene definito marketing culturale.

Sono due le definizioni che meglio descrivono il marketing culturale: “ha lo scopo di portare un numero adeguato di persone in una forma appropriata di contatto con l’artista e, in questo modo, ottenere il miglior risultato finanziario compatibile con il raggiungimento di quell’obiettivo[…] L’obiettivo finale è di tipo artistico più che finanziario”[1] e, “il ruolo consiste nel far incontrare le creazioni e le interpretazioni dell’artista con il pubblico adatto”[2].

La differenza principale tra il marketing tradizionale e quello culturale è quella di nel primo caso, creare un prodotto sulla base dei bisogni del consumatore nel secondo, quella invece di individuare i clienti del prodotto già creato.

Quindi, se per alcuni amanti dell’arte i termini marketing e culturale potessero essere considerati un ossimoro vorrei sottolineare il fatto che, lo scopo di questa nuova associazione di termini, non è quella di mettere in mostra togliendo quindi centralità al termine culturale o distogliendo in qualche modo l’attenzione su di esso quanto, piuttosto, quello di comunicare nel migliore dei modi.

Parlare di marketing culturale è diventato una necessità questo perché il mercato in cui si trovano a dover operare i musei è lo stesso del tempo libero; per questo motivo i luoghi d’arte e cultura si ritrovano a dover affrontare la concorrenza sia di altri musei che di avversari di gran lunga peggiori come centri commerciali, parchi giochi, ecc. Si pensi che tra le attrazioni più visitate in Italia dopo il Colosseo ed i Musei Vaticani c’è il parco divertimenti di Gardaland. La competizione è quindi spietata e anche i musei hanno dovuto affilare le armi della comunicazione per raggiungere il loro pubblico.

Armin Klein, docente di marketing culturale presso il Ludwigsburg Polytechnic, ha individuato addirittura dieci ragioni fondamentali che dovrebbero spingere un’istituzione culturale pubblica a fare marketing e questi sono:

  1. crisi finanziaria dei budget pubblici;
  2. cambiamento nel carattere della pubblica amministrazione (nuovi modelli e nuovi approcci maggiormente orientati al cliente e agli aspetti progettuali);
  3. crescita della competenze gestionali degli operatori delle organizzazioni culturali;
  4. aumento dell'offerta e maggiore concorrenza nel settore del tempo libero;
  5. incremento della mobilità e del turismo culturale;
  6. nuove partnership tra l'economia e l'arte (rafforzamento del connubio pubblico privato);
  7. arte e cultura sono diventati degli importanti fattori nella differenziazione degli stili di vita;
  8. evoluzione nel concetto di cultura: "democratizzazione";
  9. orientamento all'evento;
  10. maggiore responsabilizzazione di chi gestisce l'arte e la cultura: orientamento al progetto.

Vediamo in cosa si differenzia il modello di marketing applicato a imprese commerciali e industriali da quello applicato alle istituzioni culturali. Ecco i due modelli a confronto:

La differenza più grande di questi due modelli è quella che nel primo caso il prodotto è offerto sul mercato dopo un’ un’opportuna combinazione degli strumenti di marketing cercando di soddisfare un bisogno già esistente nel mercato di riferimento in base alle risorse e agli obiettivi aziendali; nel secondo caso, invece, lo scopo è quello di creare un mercato interessato al prodotto e quindi di cercare il destinatario più idoneo ovvero il potenziale mercato di riferimento; in questo modo potrà tentare di colpirlo attraverso gli strumenti di marketing mix.

Anche il web in campo culturale costituisce un potente mezzo di comunicazione per la promozione di una realtà museale.

Dall’inchiesta realizzata da Goldman e Wadman sull’esperienza di alcuni musei on line, è emerso come, per i manager di questi musei, il web marketing rappresenta una delle funzioni prioritarie per i musei virtuali. Questo probabilmente è da mettere in relazione con l’identificazione dell’attività promozionale come funzione prioritaria dei musei virtuali.

Rispetto al marketing tradizionale, il web marketing può avere grandi vantaggi, tra i quali il principale è rappresentato dal fatto che è possibile misurare le interazioni dei visitatori in modo più efficace rispetto a quanto avviene nei musei reali o rispetto al direct mailing.

I sistemi d’analisi del web permettono di studiare diverse variabili che consentono il perseguimento di importanti obiettivi:

  • aumentare la media di pagine visualizzate per sessione;
  • aumentare il numero di visitatori;
  • aumentare la conoscenza del prodotto culturale;
  • aumentare la velocità di ritorno (per esempio il numero di visitatori che sono ritornati entro trenta giorni);
  • ridurre il numero di clic per uscire (numero medio di pagine visualizzate per concludere un acquisto o per ottenere le informazioni desiderate);
  • aumentare la velocità di conversione (risultati per visita).

Quello che bisogna fare è semplicemente sfruttare le informazioni contenute nei dati e definire opportune strategie.



[1] K.Diggles, Guide to Arts Marketing: The Principles and Practice of Marketing as they Apply to Arts,1986, p. 243

[2] M.P. Mokwa, W.M. Dawson, E.A.Prieve, Marketing in the Arts, 1980, p. 286

lunedì 17 agosto 2009

Brooklyn Museum: due interessanti servizi per la community


Il video che ho postato è stato creato dal Brooklyn Museum.

Attraverso questo simpatico video, il museo vuole attrarre l’attenzione dei visitatori e renderli parte “attiva”. “Tag! You’re it!” è il nome del progetto, una piccola frase ma di grande impatto in quanto simbolo di partecipazione attiva. In poche parole il servizio offerto sottoforma di gioco invita il visitatore a porre dei tag alle varie opere presenti nel museo. E’ chiaro che il museo vede proprio nei visitatori una giusta potenzialità nel trovare la giusta parola che può risultare significativa per l’individuazione di un opera. Al gioco si accede tramite login, tramite questo il museo acquisisce informazioni sui visitatori ma rende anche l’utente più legato al museo in quanto crea un proprio profilo.

Un altro servizio molto interessante concesso dal Brooklyn Museum è il “PocketMuseum”, che consiste in una audio guida consultabile semplicemente sul proprio telefono cellulare. Basta digitare un semplice numero di telefono e successivamente digitare il numero corrispondente all’opera (es.: (718) 362-9589 5000#).

Inoltre il museo offre la possibilità di noleggiare un iPod contenente tutte le guide o anche scaricare sul proprio iPod la guida del museo su iTunes U o anche ascoltarla semplicemente on line.

domenica 16 agosto 2009

I GIS: un’applicazione multi-funzionale in grado di riflettere una pluralità di esigenze.


Un ruolo sempre più rilevante con compiti molto diversificati nel settore archeologico è svolto dai sistemi informativi geografici meglio noti con la sigla GIS dall’inglese Geographic Information System.

I GIS possiamo definirli come modelli di rappresentazione della conoscenza in quanto raccolgono, gestiscono e manipolano dati che possono essere facilmente interrogati e elaborati dall’utente allo scopo di fornire importanti informazioni. I GIS gestiscono foto aeree, dati geologici e topografici, dati riguardanti flora e fauna, piante di città e di siti archeologici, database su monumenti e reperti archeologici, il tutto georeferenziato in un sistema che permette lo studio e il monitoraggio dalla scala maggiore a quella più piccola. La grande potenzialità di questi sistemi informativi territoriali è quella di poter accogliere dati di diversa provenienza, saperli integrare su un datum comune, consentire potenti modalità di elaborazione ed analisi e generare rapporti numerici e grafici di alta qualità.

La possibilità di creare un linguaggio comune utile per i differenti studi, permette la visione d’insieme di differenti problemi riguardanti un territorio. Il linguaggio comune unito anche alla possibilità di poter osservare ampi spazi o spazi distanti tra loro su un semplice PC risulta essere in campo archeologico molto utile in quanto attraverso comparazioni è possibile individuare similitudini e/o anomalie quindi creare una “rete di segnali” con lo scopo ad esempio di individuare particolare dinamiche sociali; il tutto, senza dover coordinare un numero elevato di persone sui singoli siti o effettuare difficili ricerche in un territorio fortemente urbanizzato con costruzioni alte e inquinamento dell’aria.

Tipicamente i GIS dividono i dati in due importanti partizioni. Dati riguardanti gli oggetti geografici (i quali richiedono particolari strutture di memorizzazione, visualizzazione e trattamento) e dati tradizionali solitamente gestiti da un Data Base Management System relazionale (DBMS). Il sistema integra i due tipi di dati in una interfaccia coerente. Solitamente i GIS costituiscono la piattaforma tecnologica per applicazioni molto diverse tra loro (un catasto piuttosto che una rete di distribuzione del gas metano) e per questa ragione spesso è inglobato in una applicazione software specializzata che cerca di rendere user-friendly le delicate operazioni di data-entry. Queste ultime sono spesso organizzate in forma gerarchica (compilazione di schede predefinite) in modo da guidare l’utente nella creazione della base di dati degli oggetti georeferenziati evitando che errori di inserimento rendano inconsistente l’integrazione tra rappresentazione di oggetti geografici e dati provenienti dal DBMS.

Questo modo di operare rende i GIS facili da usare e questo ha contribuito non poco alla loro diffusione in campo archeologico.

Questa facilità di utilizzo è però, un’arma a doppio taglio in quanto, da un lato ha reso possibile un più facile approccio da parte dell’archeologo, spesso conservatore ed ostile alla tecnologia ma, dall’altra, l’allargamento dei potenziali utenti ha spinto in archeologia verso un proliferare di applicazioni di questa tecnologia tra loro non coordinate.

Per poter utilizzare a pieno tutte le potenzialità di questo sistema occorre conoscere la tecnologia e gli strumenti su cui i GIS si basano. Infatti georeferenziare la distribuzione di tipi ceramici non ha alcun senso se non viene costruita un’architettura complessiva di database dalla quale (interrogando gli archivi della ceramica) si ottiene il risultato sperato. Oppure, spesso i GIS vengono utilizzati come strumento per visualizzare carte tematiche dove non occorre quella precisione, accuratezza e non ridondanza del dato che sono le caratteristiche basilari di questo sistema.

Il corretto utilizzo dei GIS permetterebbe di tradurre l’informazione archeologica - dall’unità stratigrafica al singolo reperto in strato - in oggetto di ricerca e in elemento base per ogni genere di elaborazione, dalla semplice visualizzazione tematica alle più sofisticate procedure di trattamento del dato (analisi spaziali, analisi di distribuzione dei reperti e di predittività).

Con gli strumenti offerti da questa tecnologia è possibile processare e tradurre ogni singolo dato in informazione; il trattamento può avvenire in vari livelli e riguardare sia la produzione di carte tematiche sia l’elaborazione di modelli interpretativi e predittivi tramite l’applicazione di tecniche statistiche di analisi.

Il contributo apportato dai GIS alle ricostruzioni virtuali è notevole questi infatti permettono di creare una relazione circolare tra mappa (virtuale) e territorio (reale), ciò crea nuova conoscenza attraverso una continua trasformazione di informazione codificata e non. Virtuale e reale in questo modo sono perennemente in comunicazione tra loro scambiandosi continuamente contesti.

Inoltre, i GIS consentono funzioni di navigazione, ricerca e tematizzazione semplificando non solo la consultazione degli archivi, disponibili in tempi ristretti ed accessibili con un click, ma consentono anche di creare mappe derivate risultanti dalla interrogazione del database alfanumerico. Infine, “assistono” l’archeologo nella interpretazione del contesto stratigrafico attraverso l’individuazione di pattern distributivi: specifici moduli di analisi spaziale sono in grado di evidenziare la correlazione, statisticamente significativa, di categorie di oggetti concentrate in specifiche aree di rinvenimento.

Nell’ambito dell’“archeologia del paesaggio” i GIS hanno incrementato le ricerche di tipo territoriale, rappresentando uno strumento alternativo e meno costoso rispetto alle tradizionali metodologie d’indagine, questo stesso ragionamento però, non può essere proposto per le ricerche sul campo poiché lo scavo archeologico non è sostituibile con il solo uso dei GIS.

Mobile GIS

Il grande diffondersi della tecnologia mobile ci porta a soffermarci, anche sull’ mobile GIS.

In campo archeologico, lo scavo e la ricerca si svolgono principalmente sul sito piuttosto che in ufficio; per questo i sistemi mobile risultano essere molto utili.

I PDA o palmari garantiscono l’accesso in tempo reale sul campo - attraverso una connettività wireless Bluetooth - ad una mole significativa di informazioni tramite interfacce GIS e database. Basti pensare alle informazioni geografiche - basi cartografiche tecniche e tematiche, coperture aereo cartografiche e satellitari, dati geofisici e i database alfanumerici - normalmente fruibili solo in laboratorio. Inoltre, la possibilità di portare direttamente queste tecnologie sul campo facilita anche la consultazione e l’aggiornamento dei dati in tempo reale. Facendo coincidere la fase di rilievo con quella di validazione dei dati e conversione del cartaceo al numerico, si riducono significativamente i tempi e gli errori tipici di quest’attività. Con il mobile GIS, infatti, si può essere collegati a svariate periferiche tra cui il dispositivo GPS e il telefono cellulare. Il primo permette di visualizzare sullo sfondo le informazioni geografiche con in overlay la posizione dell’operatore in tempo reale senza dover portare con sé supporti cartacei quali schede di unità topografica, stampe degli schedari delle campagne precedenti, documentazione edita, cartografie tecniche, tematiche e storiche, ecc. Il secondo, invece, consente, tramite reti mobile: Global System for Mobile (GSM) o General Packet Radio Service (GPRS), la ricezione dei dati della stazione fissa per la correzione differenziale in tempo reale.

Inoltre vi è anche la possibilità di interazione tra layers georeferenziati e posizione GPS, facilitando la navigazione di qualsiasi condizione, dalla ricerca di siti e anomalie su terreni agricoli e boschi, al monitoraggio delle concentrazioni di reperti in superficie, ecc.

In fase di navigazione e di rilievo si ha l’opportunità di avere un riscontro immediato tra le caratteristiche attuali del sito e le rappresentazioni fotografiche o cartografiche disponibili sullo sfondo. Ci si riferisce, ad esempio, ad eventuali trasformazioni dell’uso del suolo, all’aumento dell’area di spargimento o a movimenti di concentrazioni di reperti fittili in superficie, ecc.

Malgrado tutti gli aspetti positivi analizzati in precedenza, le tecnologie mobile non sono ancora molto diffuse per una serie di motivi. Si è deciso di non occuparsi dei motivi legati ai costi in quanto riguardano allo stesso modo tutti i settori e non esclusivamente quello dell’archeologia ma di analizzare maggiormente i limiti tecnici.

I principali sono sicuramente da ricercare nelle componenti hardware e software. Su questi strumenti è possibile installare software elementari a causa delle limitate dimensioni della memoria di massa di cui sono dotati. Il collegamento a banche dati e alla informazione geografica deve avvenire attraverso una interrogazione remota. Inoltre lo schermo da 3 pollici e mezzo risulta troppo piccolo rispetto alla scala territoriale a cui si lavora (in genere tra 1:50.000 e 1:500.000) e di difficile utilizzo per le continue vibrazioni a cui si è sottoposti.

Un altro problema è legato alla frequenza del processore e della disponibilità di memoria RAM. In relazione ai programmi disponibili è indispensabile sviluppare suite in grado di favorire ulteriormente l’integrazione dei dati, l’immissione sul campo di nuove informazioni geografiche e descrittive. Inoltre, dovrebbero essere migliorate le funzionalità di aggiornamento dei server cartografici.

Infine, un grande svantaggio, visto il grande utilizzo di questa tecnologia per ispezioni aeree, è legato al fatto di essere uno strumento integrato che, quindi, necessita di operare con aerei a ala alta in cui la presenza del tettuccio che ostacola la ricezione del segnale GPS, costringe l’utente ad una posizione protratta in avanti scomoda e innaturale. Quest’ultimo svantaggio può essere risolto con un’antenna esterna, ma ciò comporterebbe la presenza di fili nell’abitacolo che possono intralciare l’archeologo durante le riprese aerofotografiche.

Per tutti gli altri problemi tecnici legati a questa tecnologia, la soluzione sembra essere il Tablet PC equipaggiato con software GIS/DBMS e collegato (via Bluetooth) ad un GPS.

Il sistema cosi concepito mette a disposizione dell’archeologo, direttamente in aereo, un ampio repertorio di cartografie tecniche, tematiche, orto fotografiche e costituisce uno strumento di georeferenziazione e di archiviazione dati.

Un altro aspetto significativo è inoltre la possibilità di scaricare le foto anche durante il volo, cosa che sarebbe utile nel caso di ricognizioni mirate, caratterizzate da particolari esigenze di qualità delle immagini, per valutare quasi in tempi reali i risultati ottenuti. Inoltre il Tablet rispetto al PDA dispone del sistema di riconoscimento della scrittura; infatti è possibile compilare schede e tabelle con una semplice penna, come se fosse una biro. In questo modo i dati inseriti contengono più sfumature e sono meno standardizzati in quanto non ottenuti da una scelta tra dati preesistenti nel sistema anche se, nel momento in cui dovranno essere inseriti in un DBMS dovranno subire comunque una rielaborazione.

L’utilizzo del Tablet PC è anche estremamente facile soprattutto se consideriamo l’ambiente di utilizzo costantemente sottoposto a disturbi.