giovedì 21 maggio 2009

Il "vero" museo virtuale

Con il termine “vero” museo virtuale si intende uno spazio di conoscenza che è accessibile attraverso modalità diverse da quelle tradizionali. Quindi è costituito da una collezione di risorse digitali di ambito artistico - culturale accessibile mediante strumenti telematici. Tali strumenti sono caratterizzati da una struttura ipertestuale e ipermediale e da una rappresentazione grafica più o meno intuitiva che consente la navigazione all’interno di tale ambiente, permettendo così al visitatore di interagire con il contesto. J. Andrews e W. Schweibenz definiscono il museo virtuale come “…a logically related collection of digital objects composed in a variety of media which, because of its capacity to provide connectedness and various points of access, lends itself to transcending traditional methods of communicating and interacting with visitors…; it has no real place or space, its objects and the related information can be disseminated all over the world…” sottolineando quindi l’importanza e il valore aggiunto della virtualità che consente esperienze e l’attuazione di processi di conoscenza anche in assenza di oggetti fisici.

Soprattutto in campo archeologico, il museo virtuale risulta essere di grande importanza in quanto permette di simulare il paesaggio circostante di un sito, mostrare un' opera chiusa al pubblico o difficilmente accessibile per problemi di conservazioni o perché distrutta o addirittura scomparsa creando nel visitatore un' esperienza estremamente evocativa. Risulta molto interessante anche riuscire ad offrire la possibilità non solo ai visitatori come anche agli studiosi di vedere in modo rapido anche i vari cambiamenti subiti dall’opera o, nel caso di un sito archeologico, le varie mappe stratigrafiche; spesso, però, quello che offre un museo è il semplice susseguirsi di foto spesso di piccole dimensioni e in bianco e nero a testimonianza dei vari cambiamenti.

Vorrei presentare tre progetti molto interessanti i primi due si basano su una visione istantanea del reale e del virtuale l’ultima invece consiste in un vero e proprio museo basato completamente su tecnologie digitali.

Il primo riguarda un progetto promosso da Archeoguide che propone dei semplici occhiali capaci di sovrapporre alle rovine dei monumenti di siti archeologici la ricostruzione virtuale della loro realtà originaria. Questo risultato è ottenuto attraverso un sistema informatico multi-utente; i visitatori, all' arrivo sul luogo, sono dotati di un computer portatile che include un visore da indossare come un paio di occhiali contenente una videocamera e un altoparlante. Il dispositivo portatile è munito di Wi-Fi capace di comunicare con l’Information Server. L’utente dovrà solo inserire alcuni dati relativi ai propri interessi e alle proprie conoscenze e poi scegliere un percorso da seguire tra un insieme di percorsi già predefiniti. Il sistema lo guiderà attraverso il luogo, fungendo da sussidio intelligente personale e fornendo in tempo reale le informazioni audiovisive.

Il secondo progetto che presento è quello del Museo di Chiusi che ha come scopo quello di creare un sistema in grado di mettere in relazione tra loro i contenuti dei musei ed i siti archeologici da cui il materiale esposto proviene attraverso una guida interattiva chiamata IN & OUT. L’impatto di un visitatore cambia totalmente dal vedere un semplice vaso o spesso anche frammenti di esso dal vederlo relazionato all’ambiente in cui è stato ritrovato nello stesso modo. Sarebbe più interessante visitare un sito archeologico ormai spoglio di tutti gli utensili ritrovati e capire quello che invece era presente quando gli archeologi erano ai loro primi lavori. L’architettura necessaria è semplicissima, si basa su una configurazione web-based in cui il server è connesso ad un database e si interfaccia con i terminali attraverso un applicazione web. In questo progetto la connettività dei terminali è stata prevista attraverso Wi-Fi, GPRS, UMTS o rete cablata e i dispositivi client supportati sono: PDA e Tablet PC. La posizione del visitatore nello spazio viene rilevata mediante l’ausilio di trasponder o più semplicemente tag RFID. L’utente dovrà inserire dei dati fondamentali perché permetteranno al sistema di capire se il museo o il sito è il primo o il secondo posto visitato e in base a questo fornirà informazioni differenti da quelle avute prima.

L’ultimo esempio che vorrei riportare è quello del MAV (Museo Archeologico Virtuale di Ercolano) di cui maggiori informazioni potete ascoltarle su: http://www.youtube.com/watch?v=JVR8QK4RWr8. Il MAV è stato inaugurato nel luglio 2008 e fino al mese di Marzo 2009 ha accolto oltre 46mila visitatori per un totale di 200.264,50 euro di incassi.

Due esempi di applicazione dei codici qr in campo museale

Trovo interessante presentare due progetti eseguiti nel settore artistico-culturale basati sui codici qr.

Il primo è il “Museo Diffuso” di Torino, progetto che ha trovato consenso ed è stato insignito del premio eContent Award Italy, con menzione speciale della sezione eCulture. Il Museo Diffuso è stato sperimentato nel 2007 in occasione della “giornata della memoria” . L’applicazione su cui si basava era la “real social tagging”, consistente nel porre in prossimità di luoghi legati alla memoria storica della città dei codici qr che rimandavano a un link o semplicemente a informazioni  sul luogo. La particolarità di tutto ciò era data dall’esistenza di un geoblog  nato dalla collaborazione tra l'Associazione Acmos e il Performing MediaLab, (v. immagine sopra). Nella pagina internet del geoblog era possibile inserire un commento, lasciare una traccia emozionale condivisa dai successivi visitatori di quel luogo.  Per maggiori dettagli: http://saperi.forumpa.it/story/33712/il-museo-diffuso-di-torino-tra-memoria-e-futuro

Il secondo progetto dal nome “Tag My Museum” è un progetto attualmente attivo presso il Museo dei Fori Imperiali nei Mercati di Traiano rivolto ai ragazzi. E’ stato costituito come un gioco simile alla caccia al tesoro il cui tesoro in questo caso è rappresentato dai contenuti. Ogni tag rimanda a quello successivo generando una catena di contenuti che guiderà il visitatore attraverso uno speciale percorso di visita al Museo. Affinché il piccolo visitatore sia attratto da questo servizio e ne faccia uso, è previsto un regalo finale a chi segue correttamente tutto il percorso. Per maggiori dettagli: http://www.mercatiditraiano.it/mostre_ed_eventi/eventi/tag_my_museum

lunedì 11 maggio 2009

Anaciclosi cognitiva


Due immagini a confronto la prima rappresenta un dipinto di Maurits Escher, Galleria delle stampe e l'altra un ciclo definito con il termine di anaciclosi cognitiva.

Il quadro di Escher è il modo "artistico" di rappresentare il concetto di anaciclosi cognitiva. In questo quadro infatti il visitatore osserva una stampa all'interno di una galleria museale, la stampa che sta osservando rappresenta una città che poi diventa la stessa città che include sia la galleria che il visitatore stesso. Quindi la prospettiva di osservazione si ribalta dando l'illusione all'osservatore di essere dentro e fuori il quadro. Questo è esattamente quello che una ricostruzione virtuale dovrebbe apportare ad un osservatore di un opera d'arte.

Il sentirsi parte di un opera d'arte e interagire con essa, fa sviluppare l'apprendimento definito "situato". Jean Lave, un noto antropologo sostiene che questo è il tipo di apprendimento più frequente che consiste nell'assimilare i contenuti tramite attività. Dal punto di vista di chi apprende, l'apprendimento situato non è intenzionato ma derivante spontaneamente dall'interazione, cioè dall'essere coinvolti in una comunità di pratica. 

L'alternanza tra virtuale e reale creerebbe la circolarità dell'informazione, uno scambio informativo e quindi nuova conoscenza questo è quello che si definisce anaciclosi cognitiva, rappresentato appunto nella seconda immagine.
Bisogna considerare il virtuale e il reale come due ontologie che si scambiano continuamente contesti e informazioni generando significati in quanto stimolano la percezione e l'interazione fra realtà.  
Il virtuale in quanto ontologia moltiplica gli schemi e ne ribalta l'effetto definendo l'informazione su più livelli di apprendimento.

 




venerdì 8 maggio 2009

Codici QR per una città "narrante"


Prima di parlare dell'idea di creare una città narrante, trovo utile introdurre il codice QR.

Il codice QR è un codice a matrice (o codice a barre bidimensionale), l’acronimo QR deriva da Quick Response. Gli obiettivi che la società che lo ha ideato voleva raggiungere  erano: disporre di un sistema per creare etichette elettroniche, (da usare per catalogare in modo sicuro i componenti meccanici ed elettrici e che contenessero maggiori informazioni, superiori a quanto consentito dalla combinazione dei tradizionali codici a barre) e, l'economicità di questo sia per quanto riguarda la produzione che per la loro lettura. Con questo metodo, entrambi gli obiettivi sono stati raggiunti.

Il codice QR è composto da almeno due elementi: 

  • codice QR: creato attraverso un software gratuito presente on-line[1] e stampato su una qualsiasi superficie;
  •  telefono cellulare o altri apparecchi mobile dotati di fotocamera e un software che decodifica il codice che può essere scaricato gratuitamente[2];

Per l’idea che propongo e cioè la città "narrante", fondamentale risulta essere anche una connessione internet.

Si tratta di costruire un sistema informativo che dia accesso all’informazione disponibile su Elementi Rilevanti del Paesaggio Urbano (ERPU). Un elemento rilevante del paesaggio urbano potrebbe essere qualunque cosa possa avere rilevanza per una persona che si muova a piedi in una città: un giardino, un albero, un opera architettonica, uno scavo archeologico, un luogo simbolico ecc. Il sistema deve consentire ad un cittadino che si muove nella città di ottenere sul proprio telefono cellulare, dotato di telecamera e collegamento alla rete internet, informazioni sull’ERPU scelto.  Per realizzare questo sistema occorre che ogni ERPU sia dotato di codice QR e che questo fornisca l’indirizzo web di una applicazione di basi di dati che raccolga le conoscenze disponibili in rete per l’ERPU selezionato. L’applicazione software deve essere in grado di ricevere una richiesta e inviare la risposta al cellulare che l’ha inoltrata. Il cittadino che voglia usufruire del servizio deve solo farsi istallare sul cellulare di sua proprietà il software necessario e questo potrebbe essere fatto via rete direttamente collegandosi al sito oppure da servizi di assistenza collocati in luoghi nevralgici per un visitatore occasionale e/o un turista. 

Lo scenario tipo dell’utilizzo di questa applicazione è il seguente:

  • Un visitatore, il cui cellulare non sia equipaggiato per l’utilizzo del servizio, al suo arrivo in una città si reca in uno dei centri di assistenza dove chiede di istallare sul suo cellulare il software necessario. Le operazioni di installazione sono semplici e il software è gratuito quindi la sua distribuzione può avvenire facilmente in molti punti dell’area urbana ad esempio può avvenire nei chioschi di informazioni per turisti, alle stazioni ferroviarie, negli aeroporti, come servizio di cortesia offerto dagli alberghi alla loro clientela ecc.
  • Un visitatore può anche scaricare il software direttamente dal sito web del servizio.
  • Una volta che il visitatore ha il cellulare equipaggiato con il software potrà usare il servizio in modo libero mentre si muove per lo spazio urbano.
  • L’operazione di installazione del software consente inoltre di raccogliere (se l’utente acconsente) informazioni di mercato.


[1] http://www.qurify.com/it/

[2] http://reader.kaywa.com/

giovedì 7 maggio 2009

L'RFID nella catalogazione dei reperti

L' RFID nell'attività di catalogazione può apportare innumerevoli vantaggi; la sua applicazione in detto campo deriva da una serie di caratteristiche che pongono questa tecnologia in posizione di rilievo rispetto alle altre. 

  •          capacità di memorizzazione dei dati: la catalogazione fornisce al reperto innumerevoli informazioni come un numero di identificazione, l’esatto luogo in cui è stato trovato, la descrizione dell’oggetto, il periodo storico a cui è attribuito, ecc;
  •          sensibilità alla sporcizia: solitamente gli archivi o gli stessi cassetti in cui si conservano reperti sono sporchi di polvere, terreno ecc., quindi occorre un sistema non sensibile alla sporcizia;
  •          sensibilità a eventuale copertura visiva: il tag per la lettura tramite RFID non deve essere necessariamente visibile; infatti, è proprio per questo che si adatta facilmente al caso della catalogazione dei reperti;
  •          degradabilità/usura: i reperti spesso sono destinati a restare in archivio per anni o secoli senza che mai nessuno li vada a riprendere; per questo motivo trovo più opportuna una tecnica non soggetta a degradabilità e usura;
  •          capacità di lettura collettiva: la capacità degli RFID di essere letti in parallelo, garantiscono un facile controllo e una rapida ricerca di reperti conservati in magazzini. 

La gestione attraverso tag in questo ambito può apportare, secondo recenti studi vantaggi riguardanti:

  •          Tempi: la catalogazione è un’operazione che spesso richiede l’inserimento di dati e informazioni ripetitive sia tra un reperto e l’altro sia nella stesura delle varie documentazioni richieste (scheda di catalogo, registro inventariale, scheda di denuncia di furto, scheda inventariale fotografica, ecc.). L’utilizzo dell’RFID minimizzerebbe i tempi di gestione utilizzando le competenze in modo efficace evitando ogni inutile ripetizione di azioni ed eliminando gli ostacoli materiali;
  •          Efficacia: in breve tempo il sistema assicura la conoscenza della reale consistenza, del tipo e del numero dei reperti in possesso (sapere subito cosa si ha e dove);
  •          Precisione e accuratezza: il dato rilevato prodotto dal sistema è univoco consentendo corrette valutazioni di bilancio;
  •          Costi: l’utilizzo di tag e lettori palmari permette una sensibile riduzione dei costi d’inventario in termini di ore lavoro ed addetti da impiegare.
Un paper molto interessante su un progetto di catalogazione di reperti archeologici: http://soi.cnr.it/archcalc/indice/PDF18/15_Shepherd.pdf

I vantaggi apportati dalla modellazione 3D al patrimonio artistico


·         Identificazione, sorveglianza, conservazione e restauro.

Le tecnologie introdotte recentemente permettono di rilevare e rappresentare con notevole accuratezza oggetti tridimensionali come sculture e reperti archeologici ma, anche, strutture architettoniche.

Le opere d’arte quindi, sottoposte a costante minaccia: inquinamento atmosferico, calamità naturali, turismo, ecc. possono trovare nella modellazione 3D uno strumento estremamente potente per migliorare l’identificazione, la sorveglianza, la conservazione e il restauro dell’arte.

·         Studio effettuato in modo approfondito.

Le ricostruzioni virtuali hanno bisogno di molte più informazioni rispetto a quelle che necessita un normale disegno. Queste ricostruzioni infatti hanno la potenzialità di generare un livello di dettaglio che è difficile da trovare in disegni di siti archeologici o piantine. Infatti, quando, ad esempio, per un disegno si ha bisogno solo di informazioni relative all’altezza degli edifici, al numero dei pilastri, alle dimensioni delle pareti o al tipo di materiale usato per una ricostruzione, occorrono informazioni riguardanti la forma del soffitto, le parti interne, le parti esterne come i giardini, il cortile, l’altezza delle arcate e altre informazioni molto esaustive. Quindi, per ottenere tutte queste nozioni in più, affinché non ci siano punti vuoti nelle ricostruzioni, lo storico deve effettuare uno studio più approfondito basato su nuove risorse e comparazioni, migliorando così i metodi di ricerca tradizionali. Il problema però a cui si va incontro è quello di far intendere agli utenti che le rappresentazioni tridimensionali siano completamente accurate;  c’è il rischio, cioè, che non venga considerata la possibilità che si tratti di un’ipotesi ricostruttiva, creata appunto dai limiti della comprensione della storia. Le teorie o le varie ipotesi rappresentate costituiscono un altro vantaggio a favore dello studio e quindi della ricerca in quanto l’abilità di processare e manipolare una grande quantità di dati  derivanti da differenti studi e interpretazioni e le relative ricostruzioni tridimensionali, risultano essere facilmente comprensibili e aiutano le discussioni riguardanti ipotesi scientifiche su costruzioni, ambiente, ecc. che ora sono distrutti o di cui si hanno poche informazioni.

·         Facilità di gestione dei dati.

I modelli virtuali consentono una facile e veloce rappresentazione di ipotesi alternative come anche l’inserimento di nuovi dati, così la modifica del modello può essere istantaneamente vista e quindi discussa. La disponibilità di modelli virtuali tridimensionali di manufatti apre la strada a studi comparativi in cui lo sviluppo di specifiche soluzioni tecniche può essere visto in relazione al tempo e la loro diffusione delle stesse studiato in relazione allo spazio. L’individuazione di siti affini facilita l’analisi dettagliata tenendo in considerazione i possibili stili architettonici antecedenti o discendenti delle costruzioni. Inoltre, anche nel campo del controllo delle deformazioni strutturali, del recupero e del restauro, la gestione dei dati aiuta a pianificare meglio i lavori, definire i materiali utilizzati in precedenza per constatarne la resistenza e la durata. Attraverso la registrazione di interventi di restauro via via eseguiti, sarà possibile costruire una banca dati ricca di informazioni;  in questo modo si crea una “mappa di criticità delle strutture” capace di controllare, nel tempo, il comportamento dell’efficacia dei prodotti usati negli interventi di restauro, la localizzazione dei materiali, la ricorrenza del degrado, ecc.. La creazione di un database multimediale e multidisciplinare, attraverso un complesso di reti informatiche, permette una rapida ed esauriente diffusione dell’informazione .

·         Riduzione dell’ammontare degli interventi invasivi.  

Spesso i siti archeologici sono costituiti solo da tracce, fondamenti di muri, ecc. e spesso si interviene su questi resti in maniera invasiva per portare in vita edifici con il fine di avere una maggiore comprensione. Con le ricostruzioni 3D è possibile effettuare una ricostruzione virtuale senza interventi reali. Un esempio di un intervento invasivo è possibile vederlo sul Colosseo a Roma. Oggi il monumento è abbastanza intatto ma non è per niente uguale a come era in antichità. Inoltre la ricostruzione 3D aiuta gli archeologi a determinare in maniera più precisa il sito reale nel quale lo scavo ha avuto luogo, e valutare il probabile valore della scoperta riducendo così l’ammontare delle attività archeologiche invasive richieste.

·         Comunicazione, didattica e svago.

La combinazione tra tecniche di narrazione, come filmati in 3D con libera interazione e navigazione, è un aspetto molto importante per incrementare la comprensione. L’applicazione dell’ICT in questo campo rappresenta un ausilio notevole per l’insegnamento della storia, in quanto offre nuove opportunità per attrarre studenti in una costruzione attiva di conoscenza legata alla completa e più intuitiva percezione dello spazio. Inoltre, si possono mostrare anche opere che per vari motivi sono state chiuse al pubblico o sono state completamente distrutte.

Malgrado i diversi vantaggi individuati, in archeologia l’uso sistematico e corretto di modelli 3D per la documentazione e conservazione di siti culturali ha una storia molto recente i motivi sono legati all’alto costo del prodotto 3D, alle difficoltà nell’ottenere modelli 3D realistici e precisi, alla considerazione che il 3D sia solo un fattore opzionale all’indagine e alle difficoltà nell’integrare dati 2D e 3D.